Roma è, come si sa, la città madre per la cattolicità della Chiesa, che, da sempre, considera Maria, Madre di Gesù, la sua stessa madre, e ne venera la fedeltà assoluta alla Parola di Dio. Molti pellegrini e turisti vengono qui in città, nel mese di maggio, per visitare i moltissimi luoghi di devozione mariana che contiene. In primis la Basilica di Santa Maria Maggiore, dove è la Madonna “Salus Popoli Romani”, poi la Basilica di Santa Maria in Trastevere, prima tra le basiliche minori, che custodisce la “Madonna della Clemenza”, ed infine, ma solo tra i nostri suggerimenti di oggi, la chiesa di Santa Maria Nova o Santa Francesca Romana al Palatino (a fianco del Colosseo) che possiede l’icona di Maria più antica di tutte.
Un modo per vederle tutte? Ad esempio prendere l’Open Bus, che passa vicino a tutte e tre le immagini, chiedendo al personale dello stesso la cortesia di suggerirvi dove scendere e poi risalire.
I biglietti li trovate da noi di Bags Free, in via del Castro Pretorio 32.
Salus populi romani (in italiano «salvezza del popolo romano», nell’accezione di «protettrice») è il titolo dato nel XIX secolo all’icona bizantina raffigurante la Madonna col Bambino che si trova nella cappella Paolina o Borghese della Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma.
Tale espressione risale al sistema legale ed ai rituali pagani dell’antica repubblica romana, dove Livio ci tramanda che l’augure avrebbe chiesto agli dei il permesso per i pretori di pregare per essa; solo sotto l’impero di Costantino tale titolo venne riferito alla Madre di Dio.
È ritenuta un’icona del primo millennio cristiano, dipinta secondo la tradizione da san Luca. L’immagine attuale, che mostra varie ridipinture successive risalenti al medioevo che ne rendono difficile una precisa collocazione temporale “è stata datata con sicurezza a quasi ogni possibile periodo compreso tra il V secolo e il XIII”. Anche il recente studio di M. Wolf “afferma, con cautela, che è probabilmente tardoantica” nella sua forma originale.
Per secoli l’icona venne posta sopra la porta del battistero della basilica e nel 1240, come si evince da un documento, le venne attribuito il titolo di Regina Coeli. In seguito fu spostata nella navata e dal XII secolo fu conservata in un tabernacolo di marmo. Dal 1613 è stata sistemata sopra l’altare della Cappella Paolina (costruita appositamente per essa).
L’icona di Santa Maria in Trastevere detta “Madonna della Clemenza”occupa un posto eccezionale tra le icone romane del primo Medioevo. Raffigura, tra due angeli in piedi dietro al trono, la Vergine con gli attributi di Regina che tiene sul grembo il Bambino. In basso rivolto verso lo spettatore, come anche gli altri personaggi, la figura di un pontefice in ginocchio davanti alla Vergine. Ai fini della datazione della tavola è piuttosto trascurabile l’identificazione del pontefice, in quanto ben poco rimane della figurina in adorazione, ma valgono altri elementi: intanto è rilevante notare come l’immagine del pontefice abbia un diverso tipo di stilizzazione nei confronti dell’intera tavola; si tratta di una figura autonoma rispetto a tutto il resto. Verrebbe il dubbio che sia stata aggiunta, ma questo non è possibile perché è eseguita con la medesima tecnica. Questo è prova che la tavola riprende un prototipo più antico (forse i mosaici di Santa Maria Maggiore). La datazione della tavola viene quindi dallo stile della figura del papa, autonoma rispetto a tutto il resto, che consente una collocazione cronologica tra la fine del VI secolo e la prima metà del VII.
La più antica icona romana è conservata nella chiesa di «Santa Maria nova de urbe» costruita da papa Leone IV (847-855) e non lontana da Santa Maria Antiqua nel Foro romano. Da confronti stilistici con altre antiche icone questa risulta la più antica che si conosca: sembra infatti probabile una datazione ai primi decenni del V secolo. La tradizione vuole che la tavola provenga dall’oriente: Angelo Frangipane l’avrebbe portata dalla città di Troia in Palestina nel secolo XII e da quel momento sarebbe stata oggetto di culto e di devozione. Quest’opera è una delle icone romane della Vergine attribuite a S. Luca, ma probabilmente a causa dello stato di conservazione, che l’aveva privata di attrattiva prima del restauro eseguito nel 1950, non era stata considerata dagli studiosi.
Di questa antica immagine solo due frammenti sono originali e corrispondono alla testa della Vergine e a quella del Bambino. La testa di Maria è in ottimo stato: alta circa 40 cm fa pensare che appartenesse a una figura monumentale. I due frammenti pittorici sono applicati su una tela che in origine era servita per l’intera icona. Probabilmente a causa di un deterioramento (incendio del 1200?) le due teste sono state ritagliate dalla tela ed incollate sulla nuova tavola, dove un pittore toscano del XIII secolo avrebbe completato l’immagine secondo l’iconografia della Vergine Odyghitria.
Sono pochi gli elementi dell’icona originale per poter ricostruire la sua configurazione d’insieme; non si sa se la Vergine fosse seduta o in piedi, quale fosse la posizione delle sue mani o come fosse seduto il Bambino. L’unico punto fermo è che la testa del Bambino è rivolta verso la Madre. Il viso di Maria è allungato, con grandi occhi a mandorla e la bocca piccola, il naso lungo e stretto, la fronte bassa e coperta da un velo che appiattisce la testa. La tecnica esecutiva e l’iconografia dei volti riconducono quest’immagine all’arte tardoantica della ritrattistica sepolcrale di ambiente egiziano e fanno assumere al dipinto un aspetto più antico in confronto ad icone della stessa epoca.