Tutti conoscono i sette colli di Roma (Aventino, Campidoglio, Celio, Esquilino, Palatino, Quirinale, Viminale), ma quanti sanno che anche la città istriana di Pola è famosa per i suoi sette colli? In ordine, a memoria (mio zio Marco, buonanima, scriveva su “Difesa Adriatica”, storico giornale dei profughi istriani e giuliano dalmati), sono Castagner, Monvidal, San Micel, Zaro, San Martin, Arena e Castel (o se preferite Castello, Zaro, Arena, San Martino, Abbazia di San Michele, Mondipola e Pragrande).
E tutti conoscono il Colosseo o l’Arena di Verona, gli Anfiteatri romani più famosi al mondo, ma quanti conoscono l’Anfiteatro di Pola, anch’esso, come l’Arena di Verona, tuttora utilizzato per spettacoli e rappresentazioni?
L’arena di Pola (chiamato anche anfiteatro di Pola) è per grandezza il sesto nel suo genere. Il suo nome deriva dal latino ărēna, che indica la sabbia che ricopriva le platee degli anfiteatri romani. Tra i polesi il monumento emblema della città, dal grandissimo valore simbolico ed affettivo, è chiamato solitamente Rena, dal dialetto istroveneto.
L’anfiteatro venne costruito tra il 2 a.C. ed il 14 d.C. sotto l’imperatore Augusto, prelevando il materiale dalle note cave di pietra situate alla periferia della città ed ancora oggi esistenti. In seguito, l’imperatore Vespasiano, che aveva commissionato il Colosseo a Roma, lo fece ampliare (secondo la leggenda, egli voleva rendere omaggio ad una sua amante del luogo).
Come il Colosseo, veniva utilizzato prevalentemente per combattimenti di gladiatori o per naumachie. (fonte: Wikipedia)
Nel nostro logo l’anfiteatro raffigurato è proprio quello di Pola. Bags Free, come Celivery, come Walking On Francigena, è una iniziativa imprenditoriale della Bon Bags, di Valentina Bon, ma anche del papà Olindo Bon, che domani saluteremo, in attesa di riunirci anche a lui, quando verrà anche il nostro momento di salutare la vita terrena.
L’anfiteatro nel logo è un’omaggio di una figlia a suo padre…
Mettiamo qui una galleria di foto, alcune d’epoca, prese dal sito “Istria Culture”, così avrete modo non solo di riconoscerlo, ma anche, se volete, di andare a vederlo dal vivo. Pensando ad Olindo ed alla sua famiglia.